NADIR

2021
installazione ambientale permanente

Durata stimata dei materiali che compongono l’opera: circa 10 anni.

Permanent environmental installation

Estimated duration of the materials that make up the work: about 10 years.

 

L'installazione di Marina Arienzale intitolata NADIR ricrea una costellazione a terra situata sul prato sotto il centro del ponte sospeso, realizzata in modo tale che sia quasi impercettibile di giorno, ma completamente visibile di notte grazie all’uso di una vernice fotoluminescente. 

Il Nadir, seguendo il significato astronomico, è la controparte rispetto allo Zenit, il polo che non vediamo mai, il polo depresso, ma anche lo straordinario nell’ordinario, il punto più profondo.

La costellazione della vela riprodotta nell’installazione dell’artista, come la figurazione suggerisce, coadiuvava l‘orientamento dei navigatori nelle loro spedizioni verso terre sconosciute; seguendo questo filo di senso l’installazione NADIR ci spinge oltre a trovare nel familiare, sottolineato dall’uso di materiali autoctoni, qualcosa di sorprendentemente nuovo.

L’etimologia della parola desiderio ( dal latino de e sidera) significa la mancanza delle stelle. È da una mancanza che si esprime un desiderio. Guardando le stelle ci si sofferma forse per la prima volta a chiedersi cosa si desideri davvero e come sia difficile scorgerlo nel profondo. In un certo qual modo si deve apprendere come desiderare. In antichità quando il cielo era coperto dalle nuvole, gli aruspici non potevano fare divinazioni e profezie, i viaggiatori non potevano orientarsi, quindi l’assenza di stelle accendeva in quegli uomini quel qualcosa che diventa desiderio. Il desiderio tende sempre verso l’altro, parte da un’esperienza di mancanza per raccogliere una forza che porta al di là di se stessi. NADIR in questo senso si pone come guida verso questo viaggio nel desiderio, instaurando un dialogo con il paesaggio: il paesaggio montano di San Marcello Pistoiese e quello psicogeografico, amplificando il potenziale immaginifico del viaggio. Non è forse un viaggio la comprensione stessa del desiderio?

Seguendo questo percorso filologico incontriamo un’altra etimologia interessante: la radice di uno dei termini che nella lingua greca designa il “mare”, pontos (cfr. lt. pons, pontis) ha il significato-base di “cammino, sentiero, passaggio”. Come si raggiunge il mare da un ponte sospeso su un monte? Guardando il cielo, come i fenici fautori dell’orientamento astronomico. 

Sorprendendo la nostra fantasia ci ritroviamo a fare un viaggio al cui centro troviamo, tramite le stelle, il cielo, la terra e il mare. L’ausilio dell’immaginazione porta la vertigine a diventare la guida di questo viaggio verso l’impossibile, mostrandoci quello che non vedremmo, quello che si nasconde alla vista, ma non alla mente.

L’opera NADIR ci spinge a superare la cultura e la società in cui viviamo e in cui esperiamo il nostro paradigma collettivo, ad andare oltre, a fare un cammino e a guardare in alto e in basso, sospesi, e pronti a porre il nostro pensiero critico di fronte alle mille possibilità dell’immaginario.

Testo di / Text by: Francesca Biagini
Grazie a / Thanks to: Lo Zeldo, Taranco, Gavazzi Claudio, Andrea e Shon, Samuele Marconi e tutto il gruppo di Astrofili.

 


The installation NADIR by Marina Arienzale recreates a constellation on the ground located on the lawn under the center of the suspension bridge, arranged in such a way that it is almost imperceptible by day, but completely visible at night thanks to the use of a photoluminescent paint . The Nadir, following the astronomical meaning, is the counterpart to Zenith, the pole we never see, the depressed pole, but also the extraordinary in the ordinary, the deepest point. The Vela constellation, reproduced in the artist's installation, as the figuration suggests, assisted the orientation of sailors in their expeditions to unknown lands; following this thread of meaning, NADIR pushes us beyond, finding something surprisingly new in the familiar, underlined by the use of native materials.The etymology of the word desire (from the Latin de and sidera) means the lack of stars. It is from a lack that a desire is expressed. Looking at the stars, perhaps for the first time we stop to ask ourselves what we really want and how difficult it is to see it in the depths. In a way, one has to learn how to desire. In ancient times, when the sky was covered with clouds, the haruspices could not make divinations and prophecies, travelers could not orient themselves, so the absence of stars lit up in those men that something that becomes desire. Desire always tends towards the other, it starts from an experience of lack to gather a strength that leads beyond oneself. In this sense, NADIR acts as a guide towards this journey of desire, establishing a dialogue with the landscape: the mountain landscape of San Marcello Pistoiese and the psychogeographic one, amplifying the imaginative potential of the journey. Isn't the understanding of desire a journey in itself?

Following this philological path we encounter another interesting etymology: the root of one of the terms that in the Greek language designates the "sea", pontos (cf. lt. Pons, pontis) has the basic meaning of "path, passage" . How can you reach the sea from a suspension bridge on a mountain? Looking at the sky, like the Phoenicians who favored astronomical orientation. Surprising our imaginary, we find ourselves on a journey at the center of which we find, through the stars, the sky, the earth and the sea. Trough the help of the imagination vertigo becomes the guide of this journey towards the impossible, showing us what we would not see, what is hidden from the view but not from the mind. NADIR pushes us to overcome the culture and society in which we live and in which we experience our collective paradigm, to go further, to take a path and to look up and down, suspended, and ready to place our critical thoughts in the face of the thousand possibilities of the imaginary.

Indietro
Indietro

ZL_Vela

Avanti
Avanti

DMN